A Leonforte Riso “Made in Sicily”

A Leonforte Riso “Made in Sicily”

A Leonforte riso “made in Sicily”

Un produttore ha reimpiantato nell’isola, dopo un secolo, una coltivazione abbandonata

Immaginiamo la terra brulla e arsa nel cuore della Sicilia oppure le distese di grano perché la nostra regione un tempo fu il “granaio d’ Italia” o secolari alberi di ulivo o vitigni. A Leonforte, in provincia di Enna, alle tradizionali attività agricole se n’è aggiunta una sicuramente inusuale. In un lembo è rinata, attraverso un’operazione che potremmo definire di archeologia agricola, la coltivazione del riso.

Ci ha pensato un’azienda l’ “Agrirape” di Leonforte che, oltre a produrre prodotti tipici del territorio come le lenticchie nere tipiche della zona, con una straordinaria capacità intuitiva ha reimpiantato, dopo oltre cento anni, una coltivazione abbandonata.

Il riso in Italia e in Europa è arrivato attraverso la Sicilia, con gli Arabi, e così lo zafferano, portato come spezia preziosa dagli emiri e ancora adesso coltivato qui”, racconta Giuseppe Marra titolare dell’azienda di famiglia. Una provocazione? No. C’è solo la voglia di restituire una memoria agricola riscoperta attraverso ingialliti documenti, testimonianze di vecchi contadini. Intanto la prima mietitura ha dato risultati insperati; il riso di Leonforte è cresciuto con un sistema di coltivazione semiasciutto.

Non pensate a umide paludi, mondine e cieli plumbei con il loro carico di acqua. Qui a Leonforte, il riso, è cresciuto in un terreno umido ma non inondato con la stessa tecnica utilizzata per gli ortaggi. Il primo raccolto, sette quintali, è partito con destinazione un centro della Calabria dove sarà sottoposto all’operazione cosiddetta della “brillatura” che consiste nella rimozione della glumella, la scorza esterna del chicco.

Sette quintali già venduti a chef ansiosi di mettere il marchio «Made in Sicily» su uno dei piatti simbolo della gastronomia siciliana: gli arancini.

E proprio uno chef siciliano, Carmelo Floridia della “Locanda Gulfi” di Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa, ha fatto accendere la lampadina ai titolari dell’azienda “Agrirape”. Gli sarebbe piaciuto usare in cucina soltanto prodotti della sua terra e purtroppo non poteva utilizzare riso siciliano.

Così Manna si mette a cercare tra scartoffie e antichi documenti. Ha l’intuizione e nel giro di poco tempo decide di coltivare il riso.Nel Seicento e nel Settecento – racconta – coltivavamo tanto riso da esportarlo”.

Poi si racconta che fu Cavour a fare piazza pulita del riso siciliano che non tollerava la concorrenza con il Piemonte. Di certo non è andata così perché dopo l’Unità d’Italia attraverso una legge, per scongiurare la malaria, il governo proibì la coltivazione vicino ai centri abitati, cosa che qui in Sicilia, dove i contadini vivevano in campagna, fu una prima batosta.

La coltivazione del riso fu abbandonata durante il fascismo con le politiche di bonifica integrale. Ora ci hanno pensato i Manna a recuperare la coltivazione con un obiettivo: produrre quella autoctona.

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